Nasce Diabolik
Il 1° novembre del 1962, con un logo studiato da Remo Berselli, appare nelle edicole italiane il primo numero di Diabolik (titolo evocativo: IL RE DEL TERRORE, sottotitolo a rincarare la dose: “Il fumetto del brivido”) al prezzo di 150 lire. I testi erano di Angela Giussani, i disegni di Zarcone.
Rileggendo oggi quel primo episodio possiamo dire che l'impostazione del personaggio era già perfettamente delineata: Diabolik era un ladro di un'abilità e un'ingegnosità fuori dal comune, capace di assumere diverse fisionomie grazie a maschere di plastica sottilissima che lui stesso aveva inventato e provvedeva a realizzare. Per avversario ecco subito l'ispettore Ginko, poliziotto integerrimo che, da allora, ha dedicato tutta la sua vita professionale alla caccia dell'inafferrabile ladro. Il 1962 rappresenta una svolta nel mondo del fumetto non solo per la comparsa dell'eroe nero, ma anche per una grande invenzione: il "formato Diabolik"
Piccoli albi tascabili con solo due o tre vignette a pagina, abbastanza grandi per ospitare campi lunghi (necessari al fumetto d'azione) ma utilizzabili anche per dialoghi ricchi e articolati. Le sorelle Giussani, che allora abitavano vicino alla stazione Nord, avevano voluto creare un formato adatto alla lettura in treno, calibrato per le migliaia di pendolari che ogni giorno vedevano passare sotto le loro finestre. Una geniale intuizione di marketing, non casualmente copiata negli anni successivi da decine di editori di fumetti.
IL MONDO DI DIABOLIK
Diabolik:
Titolare della collana, professione ladro. Ruba soprattutto gioielli preziosissimi o enormi cifre di denaro e non esita a uccidere chi intralcia i suoi piani. Nonostante svolga un’attività decisamente illegale, è dotato di sani e radicati principi etici, sia pure molto personali (l’onore, la tutela dei più deboli, il senso dell’amicizia e della riconoscenza, il rispetto degli animi nobili), e perciò odia mafiosi, narcotrafficanti, strozzini e aguzzini. Sicuramente Diabolik ha un nome e un cognome, che però nessuno, nemmeno lui, conosce. Nell’episodio “cult” DIABOLIK, CHI SEI? (1968) apprendiamo che, in una notte di tempesta su un’isola lontana da ogni rotta, viene avvistata una scialuppa di salvataggio al largo della costa; a bordo, alcuni naufraghi agonizzanti e un bambino miracolosamente incolume. Il piccolo viene tratto in salvo e allevato dagli abitanti dell’isola, la quale è, in realtà, il rifugio di una banda internazionale di fuorilegge comandati da un vero e proprio genio del crimine di nome King. Il naufrago senza nome cresce, dimostrando un’intelligenza fuori dal comune; apprende le varie lingue parlate dagli uomini di King, e, soprattutto, le varie tecniche da questi adottate nelle rispettive “specializzazioni” criminose. Grazie alle sue nozioni di chimica, il giovane (ormai ha compiuto vent’anni) mette a punto un particolare procedimento che gli permette di creare perfette maschere di plastica, grazie alle quali può assumere le sembianze di chiunque. Quando scopre che King intende eliminarlo per impadronirsi del segreto delle maschere, lo uccide, si sostituisce a lui, ordina ai “propri” uomini di caricare tutte le ricchezze dell’isola su un motoscafo e raggiunge la terraferma.
Nell’episodio “cult” DIABOLIK, CHI SEI? (1968) apprendiamo che, in una notte di tempesta su un’isola lontana da ogni rotta, viene avvistata una scialuppa di salvataggio al largo della costa; a bordo, alcuni naufraghi agonizzanti e un bambino miracolosamente incolume
Solo in seguito, dall’episodio GLI ANNI PERDUTI NEL SANGUE (Il Grande Diabolik 1-2006), veniamo a sapere che dopo la fuga dall’isola trascorre un periodo di tempo “in oriente” a perfezionare le sue tecniche di combattimento. Successivamente si trasferisce a Clerville dove presto il suo nome di battaglia - Diabolik, lo stesso di una pantera nera che King conservava, impagliata, nel suo studio - diventa sinonimo di terrore, di morte e di crimini tanto “impossibili” quanto geniali. Anche se lo Stato di Clerville ha, di fatto, abolito la pena di morte, per il Re del Terrore questa moratoria non vale: in caso di cattura verrà immediatamente ghigliottinato. L’incontro fatale fra Diabolik e la sua compagna Eva Kant avviene sulle pagine del terzo numero della serie, L’ARRESTO DI DIABOLIK, uscito nel marzo del 1963. Lui è il Re del Terrore, lei un’affascinante vedova sospettata di avere ucciso il ricco marito. Il loro amore comincia qui e durerà per sempre.
Eva Kant
Angela e Luciana Giussani saranno sempre ricordate soprattutto per aver ideato Diabolik, il personaggio più noto e celebrato del fumetto italiano, nel 1962. Ma il loro secondo colpo di genio, per certi versi ancora più originale e ricco di potenziali sviluppi del primo, data marzo 1963 e si chiama Eva Kant. Una donna come solo due donne potevano inventare, diversa da tutte le eroine che l’avevano preceduta e da tutte quelle che tenteranno, invano, di imitarne il fascino. Nessun altro personaggio ha rappresentato così puntualmente i sogni degli italiani e le aspirazioni delle italiane.
Bionda, bellissima, occhi verdi, la compagna del Re del Terrore appare per la prima volta nell’episodio L’ARRESTO DI DIABOLIK. Lady Kant è vedova di tale Lord Anthony Kant, ambasciatore del Sudafrica morto in circostanze misteriose e sospette. È stato infatti sbranato da una pantera, ufficialmente nel corso di una battuta di caccia. Ma si dice che, in realtà, a spingerlo nelle fauci della belva sia stata la moglie. E lei, al suo primo incontro con Diabolik, dichiara, quasi vantandosene, di essere una donna pericolosa, con trascorsi di avventuriera e spia industriale. Dimostra immediatamente una freddezza e una determinazione pari a quella di Diabolik, salvandolo in extremis dalla ghigliottina. Nel tempo ammorbidirà la propria immagine con una sensualità raffinata e misteriosa, antitetica a ogni volgarità, costruendo un rapporto di coppia solidissimo e basato sulla condivisione dello stesso stile di vita. Per qualche anno Eva accetta un ruolo di spalla, subordinata alle decisioni di Diabolik. Ma poi comincerà un percorso di crescita che la porterà a essere sempre più autonoma, indipendente, libera. E lui le lascia sempre più spazio. Capisce quanto abbia bisogno di lei, e quanto rispetto le debba. Bionda, bellissima, occhi verdi, la compagna del Re del Terrore appare per la prima volta nell’episodio
L’ARRESTO DI DIABOLIK. Oggi Eva Kant riesce a brillare di luce propria, anche a fianco di Diabolik. E, ogni tanto, perfino da sola.
Sempre più spesso Eva è stata il personaggio principale di significativi episodi della serie regolare (uno per tutti: L’OMBRA DELLA MORTE del 1994, in cui Diabolik è fuori causa per 100 pagine su 120) ed è diventata il testimonial privilegiato di manuali di divulgazione (Senza paura, ed. BD) di campagne pubblicitarie (Renault Twingo), videoclip musicali (Tiromancino) e mille altre iniziative.
Ma la consacrazione del successo è stata la conquista di una “vera” testata: nel 2003 è apparso in edicola, e con grande successo, l’albo speciale EVA KANT – QUANDO DIABOLIK NON C’ERA. Ci sono voluti decenni, ma alla fine Eva l’ha spuntata. Perché è ambiziosa, testarda, pragmatica, determinata. Come Diabolik.
Ispettore Ginko
Ginko nasce contemporaneamente a Diabolik, sulle pagine del leggendario primo episodio (IL RE DEL TERRORE, 1962). All’inizio la partita è soltanto fra loro due: il poliziotto e il criminale. L’ispettore si presenta subito come immagine speculare del suo avversario, il rovescio della medaglia. Destinato a essere sconfitto, certo, ma mai “perdente”. Forse proprio per questo è sempre stato un personaggio molto amato dalle sorelle Giussani e, inevitabilmente, dai lettori. Dotato di intelligenza e intuito pari a quelli del Re del Terrore, Ginko non riesce a vincere solo perché ha un nemico che gioca sporco, “bara”. Diabolik infatti utilizza tecnologie e, soprattutto, maschere di cui la polizia non può disporre. E, a differenza di Ginko, non ha leggi e regolamenti che lo limitino. In un albo speciale a lui dedicato, GINKO – PRIMA DI DIABOLIK (Il Grande Diabolik 2005) vengono narrate la sua infanzia e gli inizi della sua carriera, ma soprattutto recuperate informazioni su episodi del passato che hanno pesantemente condizionato il carattere presente: dai drammi familiari (all’origine della sua adamantina onestà) alle infelici esperienze professionali (che ne hanno determinato la propensione ad agire in solitario); dalla sua passione giovanile per i motori (che spiega l’immarcescibile amore per la Citroen DS). Nell’episodio IL GRANDE RICATTO (1964), l’ispettore incontra la duchessa Altea di Vallenberg, destinata a diventare la sua “eterna fidanzata”... e mai niente di più. Ginko è troppo ossessionato dalla sua lotta contro il Re del Terrore per potersi lasciare andare completamente all’amore per Altea. D’altro canto, proprio perché la ama, non la vuole coinvolgere nelle proprie imprese. Sembra pensare – commettendo un grave errore di valutazione – che Altea non abbia la forza e la determinazione di Eva Kant e non sarebbe disposta a mettersi in gioco quanto lei per l’uomo che ama.
Ginko nasce contemporaneamente a Diabolik, sulle pagine del leggendario primo episodio IL RE DEL TERRORE, 1962. All'inizio la partita è soltanto fra loro due: il poliziotto e il criminale Ginko è un uomo e, soprattutto, un poliziotto moralmente integerrimo ma disposto ad aggirare la legge solo nell’interesse di una giustizia superiore, arrivando persino ad allearsi con il suo acerrimo nemico. Ma saranno sempre alleanze dovute a forza maggiore, provvisorie e destinate a svanire al mutare delle circostanze. La forza di volontà di Ginko è davvero inesauribile. Chiunque altro, dopo essere stato battuto centinaia di volte dallo stesso avversario, avrebbe rinunciato alla lotta. Ma non lui. Anche perché qualche rara vittoria va conteggiata, nel curriculum dell’ispettore. Vittoria parziale, momentanea, destinata a durare solo fino all’episodio successivo. Ma pur sempre una vittoria, che fa provare ai lettori il brivido dell’imprevisto.
Altea di Vallenberg
Se le sorelle Giussani affiancarono prestissimo la “donna giusta” al loro personaggio (Diabolik incontra infatti Eva Kant già nel terzo numero della serie: L’ARRESTO DI DIABOLIK), esitarono per ben ventidue episodi prima di decidersi a dare una compagna a Ginko. Effettivamente non se ne sentiva la mancanza, almeno dal punto di vista delle esigenze narrative, ma così come Diabolik aveva le sue fan felici di immaginarsi nel ruolo di Eva, anche il suo acerrimo nemico era (imprevedibilmente) entrato nel cuore di molte lettrici che esigevano, a loro volta, una figura femminile nella quale identificarsi. Sempre sensibili alle richieste del loro pubblico, Angela e Luciana decisero di soddisfare questa domanda e di introdurre nella serie un nuovo personaggio: Altea duchessa di Vallenberg… sia pur controvoglia, secondo le leggende di redazione, perché preoccupate che l’affollamento di personaggi fissi potesse “rubare la scena” al Re del Terrore. Per questo, forse, negli anni successivi Altea ha spesso brillato per la sua assenza. Ma quando è entrata in azione l’ha sempre fatto con grande carisma. Sin dalla prima apparizione. La futura eterna fidanzata di Ginko si inserisce nella storia di Diabolik con il mitico episodio IL GRANDE RICATTO (1964), e subito si presenta come donna completamente diversa dalle altre che prima d’allora (con l’ovvia eccezione di Eva Kant) avevano incontrato il Re del Terrore. Infatti l’indomita duchessa non lo teme, lo affronta a viso aperto e, pur di salvare l’onore del Beglait, il suo Paese d’origine, non esita a scavalcare la diplomazia e a complottare con l’ispettore Ginko per sventarne i loschi piani. Lo strano duo, formato da un poliziotto squattrinato e da una nobile gentildonna, darà filo da torcere al grande ladro, anche se non riuscirà a fermarlo. Tuttavia la collaborazione servirà loro a scoprirsi come coppia, unita da affinità elettive e improvviso amore. Amore difficile, ovviamente, avversato dalle disparità sociali: “Domani finirà il sogno di un povero poliziotto che si è innamorato della meravigliosa duchessa di Vallenberg”, dichiara Ginko alla conclusione del loro primo incontro. La futura eterna fidanzata di Ginko si inserisce nella storia di Diabolik con il mitico episodio IL GRANDE RICATTO, 1964
Ma il legame tra il poliziotto e la duchessa resterà saldo, in grado di superare i limiti imposti dai ruoli, e quando andrà in crisi (e con UN KILLER PER GINKO, Il Grande Diabolik n. 2-2007, si tratterà di vera rottura, ricomposta, in parte, solo in APPUNTAMENTO AL BUIO del 2010) la responsabilità, benché indiretta, sarà del Re del Terrore. Come detto, Altea si presenta come una nobildonna dal carattere forte, ma proprio le sue origini altolocate lasciano all’inizio la sensazione di uno snobismo di fondo, almeno sino a quando si scoprirà che è “duchessa di Vallenberg” soltanto perché vedova del duca omonimo (una storia finalmente narrata per esteso solo ne: I MISTERI DI VALLENBERG, Il Grande Diabolik n. 1-2007) e comunque – gradualmente, episodio dopo episodio nel corso degli anni – si dimostrerà impavida crocerossina, cospiratrice, avversaria di terroristi e persino collaboratrice dei servizi segreti del suo Paese.
I luoghi
Clerville. La maggior parte delle avventure di Diabolik ha per teatro uno Stato e una città simili, ma non esattamente uguali, ai nostri. Si chiamano entrambi Clerville (lo Stato è omonimo della sua capitale) e là è normale incontrare per strada una nera Jaguar E-Type del ’62 senza immediatamente pensare al Re del Terrore; nelle strade ci sono più gioiellerie che supermercati, più musei che alberghi, più banche che ristoranti. E, per quanto si sia potuto vedere, molte carceri e molti tribunali… ma una sola chiesa.
Quando, quasi cinquant’anni addietro, Angela Giussani si trovò a dover scegliere l’ambientazione per le avventure del suo personaggio, escluse immediatamente le città nordamericane e preferì un contesto europeo, più coerente alla sua cultura e alla letteratura di riferimento dei suoi soggetti: il feuilleton francese d’inizio secolo scorso. Nei primissimi episodi di Diabolik, il Re del Terrore agisce dichiaratamente in Francia, a Marsiglia per la precisione Ma Luciana, appena affiancò la sorella nella stesura delle sceneggiature, si rese conto delle difficoltà di gestire liberamente le storie in un ambiente realmente esistente. Diventava impossibile conciliare la realtà geografica con l’esigenza narrativa di avere, per esempio, alte montagne a poca distanza dalla città. Così decisero di optare per una città, e un Paese, “ai confini della realtà”, ovvero non reali ma assolutamente realistici perché le due Autrici tenevano comunque a inserire nelle storie messaggi legati alla vita quotidiana dei loro lettori, per far sentire Diabolik come “persona” prima che come “personaggio”.
Strumenti di lavoro
La calzamaglia. E’ nera, con una sola apertura per gli occhi, aderisce perfettamente al corpo e al viso di Diabolik. La calzamaglia è una prerogativa del nostro protagonista, che la indossa quando fa i colpi, in genere di notte, per mimetizzarsi nelle tenebre. L’albo GLI ANNI PERDUTI NEL SANGUE (Il Grande Diabolik - aprile 2006) ha svelato l’origine e il significato di una tale tenuta. L’abbigliamento “da lavoro” di Eva, invece, consiste in un semplice paio di pantaloni neri e un dolce vita dello stesso colore.
La Jaguar. Diabolik possiede una (anzi, molte) Jaguar E-type anni ‘60, rigorosamente nera. Elabora personalmente la propria auto e provvede a dotarla dei più ingegnosi trucchi, indispensabili al momento della fuga. Quasi tutte le auto di Diabolik sono blindate, e, abbastanza spesso, gli pneumatici delle sue ruote sono di gomma piena. Il che equivale a dire che la maggior parte delle volte i proiettili dei poliziotti inseguitori rimbalzano sulla carrozzeria, e il vecchio sistema dei chiodi sulla strada non riesce a fermarlo, come Ginko sa fin troppo bene. Capita che qualche lettore scriva alla diabolika redazione chiedendo – e chiedendosi – come sia possibile che un’auto datata 1961 possa competere e vincere contro modelli più recenti. La risposta è rituale: è ovvio che un genio della meccanica come Diabolik, capace di istallare sulla sua macchina ogni sorta di marchingegno, ha modificato motore, sospensioni e quant’altro così da poter battere anche le vetture più moderne. Come poi abbia potuto inserire le sue elaborazioni in una carrozzeria sempre uguale a se stessa è un altro discorso.
Le maschere. Di plastica sottilissima, vengono indossate come un cappuccio e riproducono impeccabilmente le sembianze di chiunque, permettendo a Diabolik (o Eva, o chicchessia) di sostituirsi all’originale. In tempi recenti siamo venuti a conoscenza dei problemi tecnici che, all’inizio della sua attività, il Re del Terrore ha incontrato prima di riuscire a realizzare delle maschere “perfette”, e solo nell’estate del 2007, con il doppio episodio L’ISOLA MALEDETTA e FUGA DALL’ISOLA, abbiamo appreso che la plastica deve contenere un componente insostituibile che Diabolik per anni ha fatto arrivare dalla lontana isola di Bo Tang. Va detto che recentemente è riuscito a sintetizzare quella sostanza, liberandosi da un vincolo scomodo. In ogni caso, poco si sa del “come” queste maschere vengano plasmate, se non che, se necessario, l’apparecchiatura per tale realizzazione può essere anche “portatile”. Periodicamente qualcuno cerca di far rivelare a Diabolik il segreto delle sue maschere, a volte arrivando anche a minacciare Eva per costringere il Nostro a parlare… inutile dire che, per il momento, hanno fatto tutti una brutta fine.
Il pugnale. È una caratteristica di Diabolik, che non fa mai uso di armi da fuoco. Con lame diverse a seconda delle situazioni e impugnature capaci di ospitare una torcia elettrica, bombolette di gas narcotico, azoto liquido o piccole cariche esplosive, i pugnali di Diabolik sono sempre e comunque perfettamente bilanciati per un lancio impeccabile.
Le mani. Micidiali quanto il pugnale, le mani di Diabolik sono in grado di uccidere senza nemmeno dare all’avversario il tempo di emettere un grido. Dall’episodio GLI ANNI PERDUTI NEL SANGUE (Il Grande Diabolik 1-2006) sappiamo che il Re del Terrore ha vissuto per un certo periodo in Oriente, dove ha appreso i segreti delle più temibili arti marziali.
I rifugi. Diabolik non ha una residenza fissa ma una serie di “rifugi” sparsi per il mondo e costruiti, acquistati o affittati per l’occasione, ma sempre e comunque dotati di insormontabili sistemi d’allarme, varie vie di fuga e, cosa fondamentale, attrezzatissimi laboratori. Nei primi episodi Diabolik ha spesso avuto “rifugi” che sarebbe limitativo definire spartani. Grotte o sotterranei arredati approssimativamente con materiale da campeggio (brandine, sedie e tavolini pieghevoli) in cui (a parte sofisticati strumenti indispensabili alla sua attività criminale) la tecnologia presente si limitava a una radio o a un televisore portatile. Se questo atteggiamento minimalista poteva essere coerente a una vita solitaria, non poteva che risultare difficilmente accettabile per una signora come lady Kant che infatti in diverse occasioni ebbe a lamentarsene. Non sappiamo se siano state quelle lamentele a modificare i gusti di Diabolik oppure quelle dei lettori che scrivevano alle sorelle Giussani chiedendo perché mai Diabolik “con tutti i soldi che aveva rubato” continuasse a vivere in tuguri da miserabile… fatto sta che, oggi, certi rifugi del Re del Terrore sembrano ville hollywoodiane.
I gas. Asfissianti o narcotici, celati nei posti più incredibili, i gas permettono a Diabolik di stordire un “bersaglio” da rapire o mettere fuori combattimento più avversari contemporaneamente, evitando spargimenti di sangue. I nostri protagonisti, grazie a efficienti “filtri nasali”, non ne subiscono l’effetto. I gas possono essere contenuti in flaconi e bombolette oppure, più spesso, in fragili sferette che, rompendosi, saturano velocemente un intero ambiente.
Il pentothal e la scopolamina. Il primo viene usato come “siero della verità” e permette a Diabolik di estorcere informazioni utili per mettere a segno colpi favolosi. La seconda si rende necessaria quando il nostro protagonista vuole “condizionare” qualcuno perché compia una certa azione contro la sua volontà… un po’ come se la vittima agisse in stato di ipnosi.
Un “trattamento anti-penthotal” è stato col tempo messo a punto dai medici di Clerville e, ormai, capita spesso che i cittadini più facoltosi vi si sottopongano per non rivelare informazioni vitali per la sicurezza dei loro averi.
Il radio orologio. Apparentemente è un comune orologio che nasconde una potentissima ricetrasmittente. Serve a Diabolik e Eva per parlare tra loro. Anche in epoca di telefonini cellulari la diabolika coppia ha preferito mantenere il vecchio sistema di comunicazione, giudicato più sicuro in quanto non intercettabile.
I marchingegni. Praticamente ogni episodio di Diabolik contiene una o più “fughe”… dalla polizia, dalla prigione, da criminali beffati. E almeno un “colpo” spettacolare. Elemento fondamentale di ogni fuga o colpo è l’impiego di geniali marchingegni meccanici o elettronici, trasportati sulla Jaguar o costruiti in loco, talvolta inverosimili ma sempre “credibili”. In condizioni d’emergenza, Diabolik riesce comunque a improvvisare uno dei suoi “trucchi” anche servendosi di materiale reperito all’ultimo momento.
Il lancia aghi. Ha l’aspetto di una microcerbottana con un pulsante, premendo il quale parte un ago intriso di narcotico, ma a volte anche di veleno mortale, che neutralizza l’avversario. Normalmente, però, la vittima deve essere colpita in parti scoperte, quali il viso, il collo o le mani. È l’arma preferita di Eva Kant.
Il laser. Diabolik ha realizzato un laser molto potente ma di dimensioni estremamente ridotte, di cui si serve spesso per fondere rapidamente i metalli più resistenti, tipo, per intenderci, quelli degli sportelli delle casseforti che vuole svuotare. Come si sia appropriato di questa tecnologia è raccontato in GINKO – PRIMA DI DIABOLIK (Il Grande Diabolik 1–2004).
Gli acidi. Di diversi tipi ma tutti ad azione rapida e potentissima, sono in grado di sgretolare metalli o cemento armato. Il nostro ne fa spesso uso per aprire casseforti o crearsi varchi in pareti o pavimenti.