72 anni fa nasceva il celebre studioso dei buchi neri. Ecco la storia della sua vita
“
Sono nato l’8 gennaio 1942, esattamente trecento anni dopo la morte di Galileo”. Ad aver scritto questa frase è stato Stephen Hawking, che esattamente settantadue anni fa nasceva ad Oxford, sebbene i suoi genitori abitassero a Londra, perché come ricorda lui stesso, “
Oxford era un posto più favorevole in cui nascere durante la seconda guerra mondiale: c’era infatti un accordo per cui i tedeschi non avrebbero bombardato Oxford e Cambridge e gli inglesi avrebbero analogamente risparmiato dalle bombe Heidelberg e Göttingen”.
Quel giorno, insieme a Hawking, dovrebbero essere nati circa duecentomila bambini, ma probabilmente nessuno di essi è diventato uno scienziato di fama mondiale. Anzi, una vera pop star. L’astrofisico britannico infatti, nei suoi 71 anni di vita ha ottenuto straordinari risultati in ambito scientifico, accademico e anche mediatico.
Tanto per cominciare, come vi abbiamo raccontato in occasione del settantesimo compleanno dello studioso dei
buchi neri, nel 1970 Hawking ha dimostrato l’esistenza delle
singolarità gravitazionali nello spazio-tempo teorizzate da Albert Einstein, spiegando che esse sono “
una caratteristica ragionevole e non occasionale della relatività generale”. Più tardi, Roger Penrose del
Birbeck College di Londra dimostrò che le singolarità formano buchi neri, e i due ricercatori insieme hanno applicato la stessa teoria all’universo, mostrando che la teoria di Einstein prevede una singolarità simile nel nostro passato lontano: il Big Bang.
Tra il 1971 e il ’72 Hawking ha dimostrato la seconda legge della termodinamica dei buchi neri, conosciuta anche come teorema dell’area di Hawking, secondo la quale la superficie totale di un buco nero non diminuirà mai. Nel ’74 Stephen riscontrò che i buchi neri possono evaporare, mentre è del 1982 la teoria che spiega come le galassie possano originarsi nell’Universo. Nel frattempo, nel 1976, l’astrofisico è stato nominato titolare della cattedra lucasiana di matematica di Cambridge, la stessa di Isaac Newton, che ha lasciato solo tre anni fa.
Nel 1988 Stephen Hawking ha pubblicato il suo lavoro più famoso: non uno studio scientifico ma un saggio divulgativo (meno divulgativo, in realtà, di quanto il suo autore avrebbe voluto) dal titolo A Brief History of Time (in italiano Dal Big Bang ai buchi neri. Breve storia del tempo). Da allora lo scienziato britannico ha dedicato alla divulgazione scientifica tanto tempo e passione quanti ne ha dedicati alla ricerca: ha continuato a scrivere libri – recentemente anche per ragazzi – a tenere conferenze e discorsi pubblici, a intervenire a dibattiti e in televisione.
In breve Stephen Hawking è diventato una vera e propria icona della cultura popolare: è apparso più volte in cartoni animati come I Simpson, I Griffin e Futurama, in documentari e in serie televisive daStart Trek: the Next Generation (dove gioca a poker con Einstein e Newton) a The Big Bang Theory. Viene immortalato dal famoso fotografo Herb Ritts e portato nello Spazio dalla Virgin Galactic di Richard Branson. Tutto questo nonostante (e secondo i più cinici, grazie) alla terribile malattia che negli ultimi 50 anni ne ha progressivamente distrutto il corpo, ma non la mente: atrofia muscolare progressiva.
La diagnosi iniziale, formulata nel 1963, era in realtà ancora più spaventosa: sclerosi laterale amiotrofica, con una prospettiva di vita pari a circa due anni. Poi, con il passare del tempo, le caratteristiche presentate da Hawking e la sua straordinaria longevità hanno portato i medici a modificarla. Tuttavia, sin dagli anni ’80 è immobilizzato su una sedia a rotelle e parla attraverso un sintetizzatore vocale collegato a un computer, con il quale riesce a comunicare a una velocità di circa 15 parole al minuto.
Lo scorso anno lo scienziato vivente più celebre al mondo ha celebrato i suoi, inaspettati e insperati, settant’anni, aprendo le Paraolimpiadi di Londra 2012 e perdendo una celebre scommessa: “
Questo è un risultato molto importante e dovrebbe garantire a Higgs il Premio Nobel”, ha dichiarato all’annuncio della scoperta del Bosone di Higgs da parte del Cern di Ginevra. Tuttavia, ha aggiunto, “
questo è, in un certo senso, un peccato: i più grandi progressi in fisica sono stati ottenuti quando gli esperimenti, anziché confermare teorie, hanno dato risultati inaspettati. Per questa ragione avevo scommesso con Gordon King della Michigan University che la particella di Higgs non sarebbe stata scoperta. Sembra che io abbia appena perso cento dollari”.
fonte: wired.it