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view post Posted: 25/7/2016, 18:15     +2Ufficializzata l'acquisizione di Yahoo da parte di Verizon - TECH NEWS

Ufficializzata l'acquisizione di Yahoo da parte di Verizon


Verizon ha confermato in via ufficiale l'intenzione di acquisire Yahoo per 4,83 miliardi di dollari: l'operazione sarà conclusa entro la fine dell'anno.


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Verizon ha confermato le voci che si erano diffuse nelle scorse settimane riguardo all'acquisizione di Yahoo, uno dei gruppi pionieri della Silicon Valley. Nel comunicato stampa, Verizon fa sapere che Yahoo verrà integrato con Aol, acquisita a sua volta da Verizon per 4,4 miliardi di dollari nel corso del 2015. Il valore del nuovo accordo è simile: 4,83 miliardi di dollari.

Come parte dell'accordo, Verizon entra in possesso dei brand online di Yahoo e del servizio di posta elettronica, che conta circa 225 milioni di utenti attivi al mese. Verizon disporrà anche del circuito di pubblicità automatizzata BrightRoll, insieme ad altri servizi di avertising e di analisi. L'accordo, invece, non tocca la liquidità in mano di Yahoo o il pacchetto azionario che quest'ultima detiene all'interno di Alibaba e Yahoo Japan. Queste proprietà resteranno sotto la gestione di Yahoo, la quale cambierà nome una volta che l'operazione verrà portata a termine e diventerà una società di partecipazione pubblica quotata in borsa.

In una lettera indirizzata ai dipendenti di Yahoo e pubblicata su Tumblr, Marissa Mayer, CEO di Yahoo, ha aggiunto che "l'accordo ci aiuterà a scalare in ambito mobile, aprendo la porta a una serie di opportunità di distribuzione". La Mayer continuerà a operare all'interno del gruppo, ma al momento non è chiaro quale sarà il suo ruolo.

"Sono molto orgogliosa del nostro team e dei risultati che abbiamo raggiunto in questi anni", continua. "Personalmente mi piacerebbe molto rimanere perché mo Yahoo e credo in ciascuno di voi. Per me è molto importante seguire Yahoo nel prossimo capitolo della sua esistenza".

L'operazione è ancora soggetta all'approvazione degli azionisti di Yahoo. Secondo Verizon, sarà completata entro il primo trimestre dell'anno fiscale 2017, mentre fino a quel momento Yahoo "continuerà ad operare come entità indipendente".

"Yahoo è una società che ha cambiato il mondo e continuerà a farlo attraverso l'alleanza con Verizon e Aol. La vendita della nostra attività operativa, da considerarsi in maniera indipendente rispetto alle altre attività in Asia, è un significativo passo in avanti nell'ottica di offrire valore agli azionisti di Yahoo. Questa operazione non solo ci offrirà nuove opportunità di distribuzione, ma migliorerà al contempo il nostro lavoro nei settori mobile, video, social e native advertising".

"Circa un anno fa abbiamo acquisito Aol al fine di migliorare la nostra strategia di cross-screen per consumatori, creatori e inserzionisti", aggiunge Lowell McAdam, presidente e CEO di Verizon. "L'acquisizione di Yahoo metterà Verizon in una posizione altamente competitiva come società di tipo global mobile media e accelererà il flusso di entrate legate alla pubblicità digitale".

"Il nostro lavoro in Aol è quello di sviluppare i brand che la gente ama, e continueremo a investire e crescere in questa direzione", sono invece le parole di Tim Armstrong, CEO di Aol. "Yahoo da molto tempo investe nei contenuti premium e questo le ha consentito di creare alcuni dei brand più amati dagli utenti in categorie chiave come sport, news e finanza".

Verizon ha battuto la concorrenza di una serie di potenziali acquirenti, con l'ultimo round per la presentazione delle offerte che ha palesato l'interesse di At&T, Vector Capital Management, il fondo di private equity Tpg Capital e la cordata guidata Dan Gilbert appoggiata da Warren Buffett.

fonte: hwupgrade
view post Posted: 20/7/2016, 18:29     +2Megavideo, multa da 12,1 milioni di euro in Italia a 4 anni dalla chiusura - TECH NEWS

Megavideo, multa da 12,1 milioni di euro in Italia a 4 anni dalla chiusura


Sono passati quattro anni dalla chiusura di Megavideo, e ancora l'incubo non si è concluso per Kim Dotcom. Il Tribunale di Roma ha richiesto il pagamento di una multa da 12,1 milioni di dollari per violazione dei diritti d'autore


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Il Tribunale di Roma ha ordinato al Megavideo di Kim Dotcom di pagare una multa di 12,1 milioni di euro per i contenuti presenti in passato sul servizio di streaming multimediale. L'ordine della Giustizia italiana arriva in seno alla causa di RTI datata 2010 quando la compagnia televisiva inviava le richieste di sospensione senza specificare URL. Il Tribunale ha deciso che non era necessario specificare gli URL dei video illegali per sottolineare la colpevolezza della società di Kim Dotcom all'interno del caso specifico.

L'impero di Dotcom ha iniziato a sgretolarsi qualche anno dopo, quando Megaupload e Megavideo venivano chiusi, nel 2012, in seguito ai raid delle autorità in Nuova Zelanda e alle azioni legali sparse per diversi continenti. Il dramma per l'eccentrico informatico milionario non si è comunque concluso, a quattro anni circa dai fatti. L'imprenditore sta infatti lottando su diversi fronti e per diverse accuse, fra cui violazione del diritto d'autore, racket e riciclaggio di denaro.

All'interno di Megavideo non mancavano contenuti legati a show televisivi mandati in streaming senza alcun consenso dei legittimi proprietari. E fra questi show c'erano anche quelli di RTI, Reti Televisive Italiane, sussidiaria di Mediaset. Nel 2010 la società televisiva italiana contattava Megavideo per rimuovere i contenuti illegali, ma alle richieste non è mai giunta alcuna risposta o tentativo di collaborazione. RTI ha così denunciato il servizio di Dotcom per violazione dei diritti d'autore e concorrenza sleale.

I danni, secondo gli avvocati della società italiana, ammontavano a circa 110 milioni di dollari. Cadute le accuse di concorrenza sleale, le notizie non sono comunque positive per Dotcom: l'Autorità italiana ha infatti scoperto che su Megavideo fossero presenti circa 16 mila minuti di programmi appartenenti ad RTI, ordinando quindi il pagamento di una multa di 12,1 milioni di euro più 60 mila euro di spese legali.

Nel processo Megavideo ha deciso di non difendersi dalle accuse, con il Tribunale che ha cercato di considerarlo come un semplice servizio di hosting per alleviarne la pena. Per via di alcune feature (limitazioni eliminabili con proposte a pagamento, pubblicità basate sulla geolocalizzazione del dispositivo, contenuti suddivisi in categorie) presenti nel sistema, tuttavia, questo non è stato possibile.

Una parte interessante all'interno dell'intero processo è stata quella relativa all'assenza di URL nella denuncia. Solitamente quando si richiede un DMCA deve essere proposto un URL in modo che si possa identificare rapidamente il contenuto in questione. Non è stato così nella denuncia di RTI, la quale citava solo la presenza generica di show televisivi all'interno del servizio. A quanto pare al Tribunale di Roma non serviva questa delicatezza, e ha ribadito che "le informazioni incluse nelle richieste di sospensione fossero sufficienti per permettere all'imputato di prevenire la continuazione della violazione dei diritti di RTI" per via della notorietà delle trasmissioni e dei canali in cui venivano trasmesse, aspetti che avrebbero potuto rendere palese la violazione anche agli occhi dei fornitori del servizio.

Insomma, una gatta da pelare di scarse dimensioni per l'impero costruito da Kim Dotcom e per il futuro del servizio, anche visto che Megavideo è ormai chiuso da quattro anni. Tuttavia la sentenza del Tribunale di Roma potrebbe rappresentare un forte precedente legale dal momento che potrebbe consentire ad altri proprietari europei di opere di inviare richieste di sospensione particolarmente generiche e sperare di ottenere gli stessi privilegi concessi a RTI.

fonte: hwupgrade
view post Posted: 19/7/2016, 18:12     +1Android, ecco il malware che blocca le chiamate alla banca per continuare a rubare soldi - SMARTPHONE NEWS

Android, ecco il malware che blocca le chiamate alla banca per continuare a rubare soldi


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Immaginate di essere colpiti da un malware che inizia a rubare i soldi dal vostro conto in banca, impedendovi allo stesso tempo di contattare l'assistenza clienti. Uno scenario abbastanza agghiacciante, messo in atto da Android.Fakebank, un software malevolo che colpisce i dispositivi dotati del sistema operativo targato Google.
Una volta installatosi con successo, Android.Fakebank sostituisce le app bancarie con versioni appositamente realizzate per rubare i dati di accesso all'account bancario della persona colpita; per la prima volta il malware era stato scoperto da Symantec nell'ottobre 2013, ma solo di recente è stata aggiunta la funzione che blocca le chiamate verso il supporto.

Sicuramente ci sono altri modi per entrare in contatto con la propria banca per fermare le attività illecite, ricorrendo per esempio a un altro telefono o a Internet, ma la nuova minaccia di Android.Fakebank potrebbe rendere il tempo necessario a svolgere questa operazione una pericolosa finestra messa a disposizione degli hacker che potrebbero così operare indisturbati sul conto corrente via rete.

La nuova versione di Android.Fakebank sembra colpire per il momento solo gli utenti collocati in Corea del Sud e Russia, bloccando quindi i numeri delle banche che operano in queste nazioni. Per non farsi trovare impreparati, è comunque cosa buona e giusta scaricare le proprie app solo e soltanto dal Google Play store ufficiale.

fonte: downloadblog
view post Posted: 19/7/2016, 18:08     +2Opera, l’azienda è stata venduta a un consorzio cinese per 600 milioni di dollari - TECH NEWS

Opera, l’azienda è stata venduta a un consorzio cinese per 600 milioni di dollari


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Opera Software, l’azienda norvegese sviluppatrice del browser Opera, è stata venduta a un consorzio cinese guidato da Qihoo 360, azienda di Pechino che nel suo roster ha già un popolare antivirus, un browser e uno store per applicazioni per mobile.

L’acquisizione era nell’aria da tempo e già lo scorso febbraio Opera aveva tentato di farsi acquistare dallo stesso consorzio per 1,2 miliardi di dollari. L’accordo non era stato raggiunto, ma ora qualcosa è cambiato e il consorzio di aziende cinesi è riuscito a portarsi a casa alcune grandi parti di Opera, non l’intera azienda, per 600 milioni di dollari.

A quella cifra il consorzio si è portato a casa il famoso browser, nelle sue versioni desktop e mobile, le app di Opera per la performance e per la privacy, tutte le licenze legate al mondo tech in possesso dall’azienda e il nome “Opera”.

L’azienda norvegese, che ora dovrà cambiare nome entro 18 mesi dall’ufficialità dell’acquisizione, restano gli ecosistemi Opera Apps & Games e Opera TV, che frutterebbe all’azienda oltre 600 milioni in entrati annuale.

Inevitabile, dopo un’acquisizione del genere, anche un taglio al personale: dei 1.669 dipendenti di Opera, solo 560 rimarranno in quel che resterà dell’azienda norvegese.

fonte: downloadblog
view post Posted: 8/7/2016, 12:14     +5Avast compra AVG per 1,3 miliardi, l'unione degli antivirus - TECH NEWS

Avast compra AVG per 1,3 miliardi, l'unione degli antivirus


Avast ha acquisito AVG per 1,3 miliardi di dollari. L'operazione vede unirsi due tra i principali produttori di antivirus e software per la sicurezza per computer e dispositivi mobile.


Avast Software ha acquisito la rivale AVG Technologies per 1,3 miliardi. Si tratta di una grande operazione nel settore della sicurezza. Le due software house sono molto conosciute grazie a un'offerta piuttosto valida di antivirus e altri programmi, sia gratuiti che a pagamento.

AVG fu fondata nell'allora Cecoslovacchia nei primi anni '90, ma ora il quartier generale è ad Amsterdam. È diventata rapidamente un nome importante nel settore della sicurezza: l'azienda offre oggi strumenti a tutto tondo, anche app per i dispositivi mobile. Anche Avast affonda le sue radici nella ex Cecoslovacchia - è nata a Praga nel 1988.

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Oggi l'azienda controlla oltre un quinto del mercato dei software antivirus, ma questo è solo uno dei suoi campi d'azione. L'acquisizione di AVG permette ad Avast di ampliare la sua fetta di mercato, il know how tecnico e acquisire un respiro ancora più interazionale.

La combinazione delle due realtà consente alle due realtà di coprire oltre 400 milioni di dispositivi con i rispettivi software, di cui quasi la metà dei quali è mobile a riprova della contrazione netta del mercato dei PC. I software di Avast sono installati su oltre 230 milioni di dispositivi.

"Ci troviamo in un'industria in rapido cambiamento e questa acquisizione ci dà ampiezza e profondità tecnologica per essere il fornitore di sicurezza di fiducia dei nostri clienti attuali e futuri", ha commentato Vince Steckler, CEO di Avast. "Combinare i punti di forza di due grandi aziende di tecnologia fondate in Repubblica Ceca e con una missione e cultura comune ci metterà nella posizione di avvantaggiarci di nuove opportunità in futuro, dato che la sicurezza sta vivendo un periodo di forte espansione per quanto riguarda l'Internet delle Cose".

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I consigli di amministrazione di entrambe le aziende hanno dato luce verde all'operazione ma ora la palla passa agli azionisti di AVG. L'operazione dovrebbe concludersi, salvo intoppi, tra settembre e ottobre di quest'anno.

fonte: tomshw
view post Posted: 1/7/2016, 08:47     +1Android: N sta per Nougat, svelato il nome ufficiale di Android 7.0 - SMARTPHONE NEWS

Android: N sta per Nougat, svelato il nome ufficiale di Android 7.0


Google ufficializza il nome della prossima major release del suo sistema operativo per smartphone e tablet. Dopo Marshmallow si passa Nougat. Lo rivela Google con un video ufficiale.


Niente Android Nutella, si passa ai torroncini. Il nome ufficiale della prossima major release del sistema operativo mobile di Google è stato svelato nelle scorse ore dalla casa di Mountain View impegnata a portare avanti la tradizione che identifica con il nome di un dolce ogni nuova major release del suo OS per smartphone e tablet. Il nome in codice Android N, annunciato in occasione del Google I/O 2016, lascia spazio a quello finale che sarà Android Nougat (Nougat significa letteralmente torrone).

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Un nome scelto con la collaborazione degli utenti che nelle settimane scorse hanno avanzato le proprie proposte. Il video ufficiale ricorda la partecipazione degli utenti al processo di scelta del nome e termina con il sipario che si solleva sulla nuova mascotte ufficiale di Android posizionata nei pressi quartier generale di Google: l'inconfondibile robottino verde si erge, questa volta, su tre torroncini.


Un pratica quella della scelta del nome delle varie release di Android coincidente con il nome di un dolce che va ormai avanti da molti anni, nello specifico a partire da Android 1.5 Cupcake rilasciato nel 2008, e portata avanti ininterrottamente sino a giungere alla nuova major release:

Android 1.5 Cupcake
Android 1.6 Donut
Android 2.0 - 2.1 Éclair
Android 2.2 Froyo
Android 2.3 Gingerbread
Android 3.0 - 3.1 - 3.2 Honeycomb
Android 4.0 Ice Cream Sandwich
Android 4.1 - 4.2 - 4.3 Jelly Bean
Android 4.4 KitKat
Android 5.0 - 5.1 Lollipop
Android 6.0 - Marshmallow
Android 7.0 - Nougat
L'altro particolare che non sarà sfuggito agli utenti Android più attenti riguarda il numero di versione. Si passa direttamente da Android 6.0.1 ad Android 7.0. Non ci saranno quindi, ulteriori release intermedie come avvenuto, ad esempio, nel passaggio da Android Ice Cream Sandwich (4.0) ad Android Jelly Bean(4.1, 4.2, 4,3) e a KitKat (4.4).

Un nome e un numero di versione non cambiano la sostanza, ma il passaggio alla release 7.0 contribuisce a sottolineare un passo avanti importante rispetto alla precedente edizione. Le novità di rilievo, infatti, non mancheranno in Android Nougat, a partire del supporto nativo alla Realtà Virtuale con Google Daydream.

Nome a parte, l'arrivo di Android 7.0 Nougat resta genericamente fissato per l'autunno. Verosimilmente, prima con i nuovi dispositivi Nexus, poi con quelli di terze parti, senza trascurare l'articolata procedura di aggiornamento degli smartphone e tablet Android esistenti.

fonte: hwupgrade
view post Posted: 28/6/2016, 18:19     +2Agcom: WhatsApp e le app sociali paghino la rete telefonica - SMARTPHONE NEWS

Agcom: WhatsApp e le app sociali paghino la rete telefonica Whatsapp e le altre app dovrebbero pagare le telco italiane?


L'indagine AGCOM "Servizi di comunicazione elettronica" lascia intendere che le app di messaggistica potrebbero essere obbligate a pagare le telco italiane per l'impiego delle reti.


Whatsapp, Telegram e tutti gli altri servizi di messaging dovrebbero pagare alle società di telecomunicazioni un pedaggio per l'impiego delle reti? Sì, dicono le telco italiane da anni. Sì, dice Antonio Preto, membro anziano del Consiglio dell'AGCOM, nella sua indagine "Servizi di comunicazione elettronica".

Oggi Aldo Fontanarosa su La Repubblica anticipa quel che il Garante delle Comunicazioni sembrerebbe intenzionato a fare nel prossimo futuro: imporre alle app di comunicazione di negoziare con TIM, Vodafone e gli altri operatori accordi commerciali di servizio. In pratica dovrebbe pagare una tariffa "equa, proporzionata e non dicriminatoria".

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Le app riceverebbero in cambio non solo la possibilità di continuare a svolgere la propria attività ma anche poter accedere al credito telefonico degli utenti per eventuali servizi a pagamento. L'indagine di Preto suggerisce anche l'obbligo per le app di rispettare le norme sulla privacy italiane – più rigide rispetto al mondo anglosassone, attivare call center per la clientela e abilitare la chiamata gratuita ai numeri d’emergenza.

Un cambio di paradigma che lascia perplessi anche perché il modello di business delle app gratuite è basato sulla profilazione della clientela e la vendita dei dati. Le app di messaging - Messenger di Facebook, Telegram e Whatsapp le più usate – ormai vengono usate quotidianamente da 46,7 milioni di italiani. Il volume di affari generato è gigantesco, mentre quello dei vecchi SMS è crollato. Le telco nel 2011 gestivano 90 miliardi di messaggini, nel 2015 meno di 32 miliardi.

In sintesi la posizione di Preto è quella di rimescolare le carte nel settore e sposare la causa delle società di telecomunicazioni che da anni chiedono di essere rimborsate per l'impiego delle loro reti. A questo punto, verrebbe da pensare, che il trattamento riservato a queste app potrebbe essere replicato nell'ambito streaming, in quello delle mail e ogni altro settore che implichi il trasferimento dati su una rete TLC, con tanti saluti ai principi di neutralità della rete. D'altronde chi decidesse di non voler pagare i balzelli sarebbe escluso.

Verrebbe da chiedere alle telco e all'AGCOM se il ritardo accumulato dallo sviluppo delle nostre infrastrutture sia da imputarsi agli sviluppatori dei servizi oppure a qualcun altro. Nelle risposte forse si scoprirebbe che è la mancanza di impegno nello sviluppo di servizi innovativi capaci di alimentare la domanda il tallone d'Achille dell'industria di settore.

fonte: tomshw
view post Posted: 26/6/2016, 12:24     +3Netflix, la visione offline dei contenuti arriverà entro il 2016? - TECH NEWS

Netflix, la visione offline dei contenuti arriverà entro il 2016?


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Netflix, come vociferato più volte nel corso dell’ultimo anno, sarebbe ad un passo dal permettere agli utenti di scaricare i contenuti in catalogo per visualizzarli in un secondo momento anche in assenza di connessione internet.

Già poche settimane fa il CEO di Netflix, Reed Hastings, aveva lasciato una porta aperta, ma ora stando agli ultimi report sembra che le cose sarebbero davvero vicine, al punto da poter prevedere la novità già per la fine del 2016, anche se forse non in Italia.

Light Reading, citando il COO di Penthera Dan Taitz e l’analista di Frost & Sullivan Dan Rayburn, anticipa che la funzionalità è già in fase di sviluppo e che potrebbe diventare realtà nel corso dei prossimi mesi, seppur con qualche limite.

Il download dei contenuti, infatti, per una questione di diritti non sarà disponibile ovunque e per l’intero catalogo di Netflix, ma lo sarà sicuramente per i prodotti originali dell’azienda, dalle serie come Orange Is The New Black e House Of Cards passando per i film e i documentare.

Netflix non ha confermato né smentito queste voci:

Il nostro obiettivo resta quello di fornire una perfetta esperienza di streaming, ma siamo sempre alla ricerca di nuovi modi per migliorare il servizio. Al momento non abbiamo niente da aggiungere.

fonte: downloadblog
view post Posted: 20/6/2016, 10:46     +3Elbnb, guadagnare ricaricando le auto elettriche degli altri - TECH NEWS

Elbnb, guadagnare ricaricando le auto elettriche degli altri


Renault ha attivato in Svezia il servizio Elbnb, che consente a ogni cittadino di condividere la propria presa di corrente esterna per ricaricare i veicoli. Ovviamente in cambio di un compenso.


Renault ha inaugurato in Svezia Elbnb, il primo servizio di ricarica elettrica per auto che prevede la condivisione di postazioni domestiche. "Gli svedesi sono abituati alla sharing economy in qualsiasi cosa, dalle auto agli appartamenti", ha dichiarato il manager del colosso francese Lars Höglin. "Dopo un confronto con politici e residenti, abbiamo rilevato che la nostra iniziativa è già percepita positivamente dagli svedesi, che sembrano pronti a condividere le loro prese di corrente".

L'idea è quella di consentire a chiunque di condividere la propria elettricità installando specifiche postazioni oppure semplicemente mettendo a disposizione una presa. La piattaforma online agevola nel mettere in contatto domanda e offerta; le tariffe sono stabilite dai singoli residenti in relazione ad alcuni parametri stabiliti da Elbnb.

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Ovviamente con l'istallazione di apparecchiature ad hoc la ricarica può avvenire più velocemente. Inoltre è lo stesso residente a stabilire in quali orari e per quanto tempo sia disponibile il suo servizio. L'impiego di ulteriori apparecchiature, come ad esempio OpenEV, potrà consentire la gestione di pagamenti e monitoraggio via smartphone.

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La mappa dinamica di Elbnb mostra già più di un migliaio di postazioni su tutto il paese ed è chiaro che un'iniziativa di questo tipo potrebbe essere sinergica a una politica di sviluppo della rete di ricarica nazionale.

Insomma, se anche la politica locale sposasse la causa, il territorio svedese potrebbe distinguersi per la capillarità e diffusione di stazioni di ricarica. Qualche agevolazione fiscale o sovvenzione darebbe un ulteriore spinta.

fonte: tomshw
view post Posted: 20/6/2016, 10:38     +1LG, TV anti zanzare per l'India - TECH NEWS

LG, TV anti zanzare per l'India


In India, dove le zanzare sono una piaga sanitaria e non solo un fastidio, LG ha introdotto a listino una serie di TV LCD relativamente economiche dotate anche di un sistema autonomo a ultrasuoni, che tiene lontani i pericolosi insetti.


Può sembrare una battuta ma non lo è: LG ha pensato di aiutare gli abitanti dell'India mettendo in vendita una serie di TV LCD relativamente economiche, utili in almeno due modi: sono completamente prodotte in India, creando quindi posti di lavoro, e integrano un sistema a ultrasuoni che tiene lontane le zanzare.

I modelli hanno diagonali comprese tra 32 e 42 pollici, con prezzi che vanno da 26,900 rupie, circa 400 dollari, a 47,500 rupie, pari a circa 700 dollari. La tecnologia di per sé non è nuova, visto che la stessa LG l'ha introdotta anche nei suoi condizionatori sin dal 2014, ma integrarla in TV economiche per i Paesi in sviluppo non è affatto una cattiva idea.

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In queste zone del pianeta infatti restano ancora vastissime aree in cui a causa di condizioni igieniche precarie e acque stagnanti le zanzare proliferano ma, a differenza di quanto accade alle nostre latitudini, non si limitano soltanto a dare fastidio e a disturbare le ore notturne ma sono vettori di tantissime malattie anche gravi o mortali, come la Dengue o la Malaria.

Solo nello scorso anno ad esempio ed esclusivamente nella capitale New Delhi sono stati segnalati ben 16mila casi di Dengue, la cifra più elevata degli ultimi anni. Se si pensa che l'India è un subcontinente abitato da oltre 1 miliardo di persone allora si capisce che anche la goccia nel mare rappresentata da quest'iniziativa di LG potrà salvare comunque tantissime vite.

fonte: tomshw
view post Posted: 7/6/2016, 17:46     +3L'Antitrust carica a testa bassa la SIAE, basta monopolio - TECH NEWS

L'Antitrust carica a testa bassa la SIAE, basta monopolio


L'Antitrust ha comunicato a Parlamento e Governo che il monopolio della SIAE sulla gestione dei diritti ormai appare ingiustificato, anche in relazione alle norme UE.


L'Antitrust ieri ha segnato il destino della SIAE, sottolineando che "la mancata apertura del mercato nazionale della gestione dei diritti d’autore limita la libertà d’iniziativa economica degli operatori e la libertà di scelta degli utilizzatori". Una tesi che ormai sostengono artisti, associazioni dei consumatori e in fondo anche Parlamento e Consiglio Europeo.

Il parere dell'AGCM è esplicitato con dovizia di particolari nella lettera recapitata al Parlamento e al Governo. L'Italia, com'è risaputo, è chiamata a recepire una direttiva UE (2014/26/UE) sulla gestione collettiva dei diritti d’autore nel mercato interno che risale al 2014, ma per motivi "ignoti" la difesa del monopolio SIAE continua a perdurare.

Per altro il disegno di legge che delega il Governo al recepimento delle direttive europee e all’attuazione di altri atti dell'Unione europea (legge di delegazione europea 2015), approvato alla Camera e attualmente in discussione al Senato, "non prevede espressamente un intervento sul regime di monopolio legale della SIAE".

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La questione di fondo è che l'industria musicale (e non solo) è cambiata, la gestione dei diritti dovrebbe essere affidata al mercato, quindi attribuire a un solo soggetto l'attività di intermediazione è in contrasto con i principi antitrust.

La SIAE ha fatto sapere che "una esclusiva non è di ostacolo alla crescita del mercato del diritto d’autore e anzi ne presidia lo sviluppo". E a difesa di questa posizione ha citato l'opinione del Parlamento UE, la Commissione e la Corte di Giustizia.

"Si tratta di parole che non trovano alcun riscontro nei fatti", sostiene l'avvocato Guido Scorza, esperto del settore. "Mai, infatti, sin qui né la Commissione europea, né il Parlamento, né la Corte di Giustizia hanno affermato nulla di simile a proposito della Direttiva Barnier, né, d’altra parte, mai, sin qui, si sono trovati nella necessità di pronunciarsi sul tema".

L'unico precedente riguarda la Corte di Giustizia dell’Unione europea che nel 2014 sostenne che "non sempre un’esclusiva accordata ad una società di intermediazione di diritti d’autore può considerarsi incompatibile con l’Ordinamento europeo". Fermo restando il fatto che dovrebbe essere un giudice nazionale a decidere caso per caso.

In sintesi si può affermare che la SIAE – che è in regime di monopolio – è in disaccordo con l'autorità che è chiamata a vigilare sui rischi generati dai monopoli. Legittima la difesa. Prevedibile la sconfitta.

fonte: tomshw
view post Posted: 28/5/2016, 17:38     +2Classifica app di messaggistica: WhatsApp la prima, BBM fra le ultime - SMARTPHONE NEWS

Classifica app di messaggistica: WhatsApp la prima, BBM fra le ultime


SimilarWeb ha pubblicato una classifica sulle applicazioni di messaggistica preferite al mondo e nelle varie nazioni


C'è una sola caratteristica per definire il successo di un'app di messaggistica istantanea, ed è quella che la rende automaticamente preferibile da parte degli utenti. Stiamo parlando naturalmente della sua diffusione: più utenti ha un servizio e più è probabile che nuovi utenti lo scelgano al posto di altri. Ad oggi ci affidiamo soprattutto ai comunicati delle varie società per stabilire il numero di utenti dei servizi, ma SimilarWeb può darci un altro punto di vista più imparziale.

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La società ha analizzato l'uso di alcuni utenti Android provenienti da 187 nazioni diverse confermando che di fatto WhatsApp e Facebook Messenger sono le preferite e più popolari, con un chiaro margine da parte della prima applicazione sulla seconda. Dando una rapida occhiata al grafico pubblicato nel report è lampante come Facebook abbia un monopolio quasi assoluto nel particolare mercato: sia Messenger che WhatsApp sono infatti di Zuckerberg, con la seconda applicazione costata parecchi miliardi al CEO.

Gli utenti di Stati Uniti e Canada preferiscono in maggior misura Facebook Messenger, ma sono soprattutto l'America Latina, parte dell'Europa, la Russia, l'India e l'Africa che ribaltano il punteggio a favore di WhatsApp. Ad esclusione della Cina, in cui c'è una nota predilezione per WeChat, e alcuni paesi del Medio Oriente (Iran e Uzbekistan), dove si preferisce Telegram, la stragrande maggioranza dei paesi del mondo utilizza in maggioranza un'applicazione di Facebook. L'unica piattaforma alternativa che ha volumi degni di nota è Viber.

Line e Telegram vantano complessivamente una diffusione molto bassa, con BBM, il servizio di messaggistica di BlackBerry, che è il fanalino di coda. BBM è preferito alle altre piattaforme in America solo dallo 0,42% degli utenti, tuttavia può vantare il primato in Indonesia (dove gode delle preferenze dell'87,5% del mercato). Precisiamo infine una sottile ma importante distinzione: i dati di SimilarWeb non considerano il numero di utenti attivi totali nei diversi paesi, ma qual è la scelta preferita dai singoli utenti.

fonte: hwupgrade
view post Posted: 27/5/2016, 18:05     +4Google si prepara ad andare oltre la password e la privacy - TECH NEWS

Google si prepara ad andare oltre la password e la privacy


Il Progetto Abacus punta a introdurre un nuovo modo di considerare i sistemi di autenticazione, utilizzando al posto di password e codici i modelli di comportamento degli utenti.


Sono anni, ormai, che si parla della necessità di superare le password come strumento di autenticazione. I limiti delle parole d’accesso sono noti: una password, per essere efficace, deve essere lunga, comprendere numeri, maiuscole, caratteri speciali e non essere prevedibile.

Insomma: la password perfetta dovrebbe essere un’accozzaglia di caratteri generati casualmente e, di conseguenza, impossibile da ricordare. Il risultato è che, nella stragrande maggioranza dei casi, gli utenti scelgono password “deboli” esponendo i loro account al rischio di furto.

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Certo, qualche passo avanti è stato fatto con i password manager e i sistemi di autenticazione a due fattori. I primi, però, presentano il problema di richiedere (ancora) una password principale, mentre o secondi hanno tuttora una scarsa diffusione.

Rimangono i sistemi di riconoscimento biometrici, ma la loro implementazione pone altri problemi. Riconoscimento facciale, dell’iride o delle impronte digitali richiedono strumenti dedicati, che non sono presenti su tutti i dispositivi che vengono utilizzati. Arrivare a uno standard, quindi, è piuttosto difficile.

A cercare di risolvere la questione ci sta pensando Google, attraverso la sua divisione Advanced Technologies and Projects. Il progetto si chiama Abacus e mira a creare un ecosistema che sia in grado di verificare l’identità degli utenti attraverso altri parametri.

Abacus cambia la prospettiva e punta ad associare l’identità di un individuo al dispositivo che usa. Ma come verificare che non lo stia usando qualcun altro? Ecco il colpo di genio: il controllo avviene monitorando costantemente il comportamento dell’utente e creandone un profilo (e se non lo sanno fare quelli di chi Google, chi altro?) che viene utilizzato per generare un Trust Score.


A creare il profilo concorrerebbero diversi elementi: il tipo di attività su Internet e le app usate più di frequente, ma anche i luoghi frequentati abitualmente, il modo di digitare sul dispositivo o il modo di parlare al telefono. Insomma: tutto.

Fino a quando l’utente si comporta come previsto, viene considerato affidabile. Se devia dagli schemi usuali, diventa “sospetto”.

L’obiettivo, nel lungo periodo, sarebbe quello di introdurre il sistema su tutti i dispositivi Android. Ma già dal prossimo mese partirà un programma di sperimentazione in collaborazione con alcune banche.

Rimane da vedere quante persone siano disposte a farsi passare ai raggi X per ogni singolo minuto della giornata semplicemente allo scopo di potersi autenticare in maniera sicura con la propria app di homebanking.

fonte: tomshw

Edited by keysersoze86 - 28/5/2016, 18:56
view post Posted: 26/5/2016, 11:54     +5USA, una parte dei missili nucleari è ancora controllata dai floppy disk - TECH NEWS

USA, una parte dei missili nucleari è ancora controllata dai floppy disk


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Sembra strano, considerati i passi da gigante fatti dalla tecnologia e dall’informatica in questi ultimi anni, ma un grossa parte dell’arsenale nucleare degli Stati Uniti d’America è ancora gestita e controllata usando computer del 1970 che utilizzano i floppy disk da 8 pollici come supporto di memorizzazione.
A rivelarlo è un recente rapporto del Government Accountability Office (GAO), che spiega come ancora oggi il Dipartimento della Difesa USA “coordini le funzionalità operative delle forze nucleari degli Stati Uniti, come i missili balistici intercontinentali, i bombardieri nucleari e gli aereo cisterne di supporto” usando il sistema originale per il quale sono state realizzate.

Il motivo è semplice: il sistema è rimasto in uso fino ad oggi perchè funziona correttamente. Qualcosa, però, sta per cambiare, complici anche le enormi spese di manutenzione richieste ogni anno, pari a 61 miliardi di dollari all’anno, il triplo rispetto a quanto il Governo USA spende per la manutenzione dei nuovi sistemi.

Per i più giovani che non hanno mai avuto a che fare con un floppy disk, vi basta sapere che, introdotti nel 1967 nella loro versione da 8 pollici (il disco interno aveva un diametro di 20 centimetri), erano dispositivi in grado di contenere nella loro ultima versione fino a 1.2 MB. Quelli ancora in uso della Difesa USA, invece, possono contenere appena 237.25KB di dati. Per raggiungere la dimensione di una memory carda da 32 GB, per fare un paragone, ne servono ben 130 mila.

E così, come confermato dalla portavoce del Pentagono Valerie Henderson all’AFP, “i floppy disk saranno sostituiti da dispositivi digitali sicuri entro la fine del 2017”, mentre i vecchi sistemi saranno completamente rimpiazzati entro la fine del 2020.

floppy-disk-8-pollici-01.jpg



fonte: downloadblog
view post Posted: 25/5/2016, 18:03     +1BSA: meno pirateria in Italia - TECH NEWS

BSA: meno pirateria in Italia


BSA | The Software Alliance ha presentato la ricerca Global Software Study 2016, condotta per BSA da IDC, che monitora l’uso di software illegale nel mondo nazione per nazione.


La ricerca appena pubblicata da BSA | The Software Alliance evidenzia come il software pirato sia calato in Italia di 2 punti percentuali nel 2016 rispetto dal 2013 al 2015. La stessa ricerca evidenzia come il calo della pirateria in Europa Occidentale si attesti a un punto, a quattro se si estende il ragionamento su base globale.

Il tasso di illegalità rilevato dai ricercatori di IDC resta, però, piuttosto alto in Italia se si considera il valore assoluto, visto che il calo è dal 47 al 45%, contro il 28% che contraddistingue l'Europa Occidentale e il 17% del Nord America. Ma è comunque un dato incoraggiante, fra le cui cause ci sono la progressiva maturazione del mercato dell’ICT in Italia e la tendenziale riduzione della base installata e delle vendite di nuovi PC, a fronte di un incremento dell’impiego di software in modalità subscription e di servizi SAM (software asset management).

"È un risultato che ci fa molto piacere in quanto premia il lavoro svolto da BSA nel nostro Paese in questi anni", commenta Paolo Valcher, presidente del Comitato italiano di BSA. "Per quanto un tasso d’illegalità del 45%, in pratica poco meno di 20 punti in più rispetto alla media europea, resta ancora un dato inaccettabile per una nazione evoluta e moderna quale l’Italia, oltre che un freno in più alla ripresa della nostra economia e dell’occupazione qualificata".

La stessa ricerca, che significativamente si intitola Cogliere le opportunità attraverso licenze legali (“Seizing Opportunity Through License Compliance”), sottolinea poi lo stretto collegamento sussistente fra l'impiego di software “pirata” e l'esposizione a rischi di cyber intrusioni.

"Come sottolinea il rapporto, è cruciale che un’azienda sia ben consapevole di che software è installato sulla sua rete", osserva Victoria Espinel, presidente e CEO di BSA. "Mentre sappiamo che invece molti CIO spesso ignorano la reale composizione del parco software installato, come anche la sua legalità o meno".

Il software illegale, puntualizza la ricerca, è sempre più esposto a rischi di attacchi da parte di hacker malintenzionati e di infezioni malware, rischi il cui costo può far vacillare un bilancio: solo nel 2015, per esempio, il costo sostenuto dalle aziende nel mondo a causa di cyber attacchi è stato di 400 miliardi di dollari.

A livello globale, il tasso di illegalità è stimato al 39%, in calo rispetto al 43% riscontrato nella precedente edizione della ricerca, risalente al 2013. Il software pirata è risultato elevato persino in settori imprevedibili come quello bancario, assicurativo e finanziario (25%). È stima dei CIO, inoltre, che circa il 15% dei dipendenti carichino software pirata sulle reti aziendali al di fuori del loro controllo. Sondando il più vasto bacino dei dipendenti, è risultato che anche il 60% di questi ultimi ha indicato i rischi per la sicurezza come ragione chiave per l’impiego di software coperto da regolare licenza.

La regione con la più alta percentuale di software illegale è l’Asia pacifica, con il 61%, in calo di un solo punto percentuale rispetto all’edizione precedente. Al secondo posto si situa l'Europa Centro Orientale, con il 58% (fortunatamente in calo di 3 punti rispetto al 2013), seguito da Africa/Medio oriente al 57% (-2% rispetto al 2013).

fonte: hwupgrade
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